Descrizione
Riccardo Allegra è stato il primo a domandarsi quali fossero le origini storiche di Raddusa, giovane paese della provincia di Catania. Ha iniziato le sue ricerche intorno agli anni Ottanta, pubblicando Breve storia di Raddusa (1986) che raccoglie la storia documentata dell’origine del piccolo Centro fino agli anni Cinquanta e Raddusa com’era… (1996) che si arricchisce di ulteriori scoperte documentarie a completamento e integrazione della storia fino agli anni Novanta, anche accompagnandola con un nutrito corredo di fotografie d’epoca che hanno permesso ai tanti compaesani vicini e lontani un tuffo nostalgico nel passato.
Si rasanu i lavuri, sempre frutto di un’accurata e puntuale ricerca, non tanto dal punto di vista linguistico quanto storico, integra le precedenti opere facendo parlare contadini, artigiani e donne che hanno concretamente costruito la storia del Paese.
L’intento dell’autore, docente di materie letterarie nella scuola media di Raddusa, è quello di trasmettere la conoscenza del passato e di favorire l’amore per la propria Terra; la definizione di quell’identità che consente di comprendere il presente per proiettarsi più consapevolmente nel futuro.
Un paese ci vuole, non fosse
che per il gusto di andarsene via.
Un paese vuol dire non essere soli,
sapere che nella gente, nelle piante,
nella terra c’è qualcosa di tuo,
che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.
Cesare Pavese, La luna e i falò
Un giorno mi trovavo nella Società Operaia Artigiana, che è stata per tanto tempo il salotto buono della Raddusa che contava: si riunivano qui per chiacchierare sui fatti del paese, per elaborare strategie politiche, ma soprattutto per giocare a carte, gli artigiani che contavano, i medici, il farmacista, il direttore del dazio, il veterinario, il direttore della Banca. Fondata subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, oggi anche questa storica associazione è stata travolta dalla globalizzazione e non riveste più l’importanza di una volta.
Ero nella sala d’ingresso della società e discutevo con una persona più anziana di me, quando è entrato un ragazzo e ha salutato: «Buongiorno». A questo punto il mio interlocutore, invece di rispondere nello stesso modo, ha apostrofato il giovane dicendogli: «Chi fa, si rasanu i lavuri?» Non avevo mai sentito quella frase e ne chiesi il significato.
Quell’espressione, strettamente legata alla natura agricola del mio paese, assieme alla spiegazione del mio amico, mi colpirono tanto che decisi di comprare un piccolo blocco notes e di annotare ogni altro modo di dire che mi sarebbe capitato di sentire o che mi sarebbe venuto in mente.
Più ascoltavo e più mi appassionavo. Rivedevo i luoghi di Raddusa com’erano una volta, i personaggi più caratteristici, rivivevo il duro lavoro dei campi, la crudeltà e la generosità del mondo contadino, le sofferenze, i pregiudizi, ma anche il profondo senso della famiglia, della parola data… Un mondo perduto, quasi magico.
Ho pensato non fosse giusto che tutto ciò andasse disperso e ho raccolto quanto è stato possibile in questo libro che non so esattamente come definire. È forse un tentativo maldestro di far rivivere fatti e personaggi, alcuni della mia fanciullezza e per questo ammantati da un’aria quasi magica. È forse il bisogno di fuggire da una realtà in cui mi è sempre più difficile riconoscermi, che mi spinge a rifugiarmi nel mondo dei ricordi. In ogni caso è sempre l’amore per i luoghi in cui sono vissuto, per le persone che ho conosciuto e che ora non ci sono più, a indurmi in queste ricerche.
Pensandoci bene, però, l’obiettivo è sempre lo stesso, perseguito anche nei miei precedenti libri: riscoprire noi stessi, le nostre più intime e profonde radici attraverso i modi di dire, i detti, i fatti delle nostre tradizioni popolari.
E chissà che attraverso queste comuni origini non ritroviamo la nostra identità, le nostre peculiarità e non ci sentiamo veramente appartenenti alla stessa comunità. Forse smetteremo così di dividerci tra noi e riconosceremo nel nostro paese la matrice comune.
Vittorio Venuti –
Segnaliamo all’attenzione dei lettori questo originale e pregevole libro di Riccardo Allegra, nel quale sono raccolte le locuzioni, i modi di dire, i proverbi, spaccati di vita della gente di Raddusa, un piccolo centro agricolo nel cuore della provincia catanese.
Allegra, docente di materie letterarie nella locale scuola media, è un garbato e raffinato storico che sa parlare attraverso la voce dei contadini, degli artigiani e delle donne che hanno concretamente costruito la storia del Paese, mosso dall’intenzione di testimoniare l’amore per la sua Terra e, più ancora, dal desiderio di consegnare ai giovani la consistenza del passato che li ha generati, perché elaborino una identità più consapevole del presente e più preparata a proiettarsi nel futuro.
Tutte le tipiche espressioni e i canti siciliani riportati nel testo sono sapientemente tradotti in italiano, il che rende l’opera ancora più godibile e fruibile da quanti condividono la necessità di non dimenticare mai le radici. Il linguaggio dell’autore, alla sua terza opera di genere, è piano, scorrevole, giustamente ironico ed essenziale, orientato dall’affetto e dal rispetto per la sua gente.
In particolare, ci fa piacere segnalare il libro ai dirigenti scolastici, specie dei piccoli centri, non solo siciliani, perché lo adottino come modello per ricerche similari nel territorio di competenza delle loro istituzioni scolastiche, invitando docenti ed allievi a penetrare nel tessuto sociale per conoscerlo meglio e per rilevare i tratti salienti della loro cultura di base, in questo coinvolgendo anche, eventualmente, gli allievi stranieri che dovessero essere presenti, perché l’integrazione acquisti più concreti significati culturali.
Vittorio Venuti, «Dirigere la scuola», 10/2005.