Descrizione
«Acropoli» è la cascina, collocata su un rilievo arrotondato in un luogo non specificato, dove un pellegrino, proveniente da chi sa dove e diretto verso una meta indefinita, arriva e trova momentaneo rifugio.
Sotto la neve, che scende copiosa, tutto appare statico, ma è soltanto un’impressione. Infatti, i personaggi, sebbene con tempi e modi diversi sapranno trarre beneficio dalla casualità dell’incontro. Gli ospiti, usciti dal letargo interiore, si apriranno al confronto. Ognuno scoprirà una parte di sé e aiuterà l’interlocutore a osservare la vita con occhi nuovi.
Francesco Rodolfo Russo d’origine leccese, vive a Torino da circa trent’anni. È conferenziere, organizzatore e animatore culturale. Ha collaborato con diverse case editrici e, per una decina d’anni, ha diretto «L’Agrifoglio», collana di narrativa per la scuola. Scrive su periodici e settimanali e alcune sue opere letterarie sono riportate su giornali e antologie, adattate per recital e rappresentate sulla scena.
È autore di manuali scolastici, libri di poesia e narrativa. Dei ventuno libri editi ricordiamo: Alle Vostre Eminenze (1980), Maschere (1987),Play Book (1989), Prima di Sìloe (1990), Secondo Noi… (1992), Il regno delle scale (1996), Ombra Passeggera – Il lupo, Pinocchio e Gaalad (1997), Margherita è anche un fiore (2002), La mansio di Glesia, Prima di entrare eri già qui(2006).
Altre notizie su
– www.francescorodolforusso.it
– www.centopagine.com.
Infelise Alberto –
Infelise Alberto
Natale all’Acropoli di Alberto Infelise Sa di neve “L’Ospite imprevisto”. Sa di ciocchi di legna messi ad ardere in un camino attorno al quale le persone si fermano e si lasciano cambiare dalle loro conversazioni il nuovo romanzo di Francesco Rodolfo Russo. Quella che si trova nella cascina “Acropoli” pochi giorni prima di Natale è una piccola comunità di persone arrivate a un punto di svolta: chi deve superare una tragedia, chi un amore opprimente, chi un amore che svanisce. A tratti ci si sente dalle parti di Gianni Rodari: ed è un vero, ristorante piacere. (da «Metro», 21 dicembre 2007) Un viaggio interiore alla scoperta del giardino senza tempo per trovare pace e serenità. Finalmente. L’ospite imprevisto, una favola dolce amara. Triste ma nel contempo rasserenante. Sembra un bisticcio di parole eppure queste sono le emozioni che accompagnano la lettura dell’ultima fatica letteraria di Francesco Rodolfo Russo. Un viaggio interiore che nasce da un dolore impossibile da sopportare. Un viaggio introspettivo per ritrovare il proprio io e nel contempo gli altri. Un uomo che scappa dalla sua disperazione e che cerca nei boschi e nell’antico peregrinare la calma interiore. Una bicicletta guasta l’incontro casuale con una giovane tormentata dalla prepotenza del suo ex ragazzo, fanno del protagonista “Giacomo Pellegrino” l’ospite inatteso. Quando Giacomo entra ad Acropoli, una cascina collocata su un rilievo arrotondato, manca poco a Natale. In tre o quattro giorni, ovvero in uno spazio temporale limitato, sotto una neve che cade copiosa, il pellegrino porta sconvolgimento in quel microcosmo che pare statico ma non lo è. Il dialogo all’inizio è stentato ma alla fine i protagonisti, seppure molto lentamente, escono dal letargo interiore e si aprono al confronto. Confronto che porta alla scoperta del proprio sé e che conduce l’interlocutore ad avere una nuova visione della vita. Il pellegrino appare come un angelo del focolare capace di riportare felicità e serenità. Non fa miracoli ma insegna solo ad ascoltare il proprio cuore. Piera Savio «la Nuova Periferia», 5 dicembre 2007
Caroli Angelo –
Caroli Angelo
L’ospite imprevisto La neve ostinata, un gatto randagio È come assistere a un sipario che si spalanca. Una donna entra nel soggiorno di una grande casa dopo aver oscillato a lungo e lentamente su un dondolo. Si avvicina al marito che è relegato su una sedia a rotelle e i cui pensieri paiono appesi più ai rami degli alberi imbiancati dalla neve che alla moglie. Alcune abat-jour sono accese, Augusto e Barbara si fissano a tratti, anni luce li dividono. La donna legge un libro e sogna, lui aspira con avidità da una pipa. Li osserva, in silenzio, un cane pastore. giocattolo preferito di Carola. La figlia Ida è uscita di casa in bicicletta e tarda a rincasare. Forse è in giro con “quel perdigiorno di Mauro”, sospira la madre con disgusto. Ida, senza volerlo, diventa la chiave di lettura di «L’ospite imprevisto» che Francesco Rodolfo Russo scrive appellandosi a personaggi che vivono in una sorta di fondale dotato di specchi dove ognuno si riflette nell’altro e dove la psicologia e l’introspezione guidano gesti, azioni e parole. Ida inforca una rnountain bike, le ruote affondano nella neve e si bloccano. Un uomo transita, è una presenza clandestina ma anche un aiuto insperato e provvidenziale. Si chiama Giacomo e si offre di accompagnare la ragazza nella grande casa arroccata lassù. Tre chilometri con la bicicletta sulle spalle, una fatica che gli ospiti ricambiano con la cena e una camera per dormire in attesa che la neve smetta di cadere. Ma in quei giorni la neve è ostinata. Giacomo è il “Pellegrino” misterioso, un gatto randagio che dà la sensazione di non avere contatti con il mondo e che comunque bene si inserisce nell’atmosfera cadenzata da muggiti di mucche e crepitare di caminetti. La presenza dell’uomo venuto dal nulla guarisce un “corpo” apparentemente refrattario e che invece è capace, grazie alla sua comunicativa, di riscoprirsi vivo e vitale. L’incontro tra Ida e Giacomo porterà dunque vantaggi a tutti. Angelo Caroli – «Corriere dell’Arte» Anno XIV – n° 19 – Venerdì 16 maggio 2008
Cavallo Roberto –
Cavallo Roberto
L’editore Giancarlo Zedde di Torino propone una novità letteraria per gli appassionati dei viaggi dell’anima e della psiche. Si tratta de “L’Ospite imprevisto” (pagg. 165, euro 15,00) di Francesco Rodolfo Russo, autore non nuovo all’introspezione psicologica, alla spasmodica ricerca di Significato, alle ragioni ultime del cammino che ognuno, misteriosamente, è chiamato a compiere. Nella sua ultima fatica editoriale è proprio il “cammino del viandante” ad animare il romanzo: un viandante, un pellegrino, un ospite che imprevisto giunge in una stupenda cascina collocata su un rilievo arrotondato, in un luogo non meglio specificato… La cascina si chiama “Acropoli”, e i suoi abitanti sono un ex medico e la sua bella famiglia, tutti più o meno innamorati della campagna, dei boschi, del silenzio che trapela specie quando d’inverno la neve cade copiosa. Ma la bellezza maestosa della natura non riesce ad occultare sino in fondo i problemi della vita, che appaiono, a chi sa scrutarli, nella loro drammatica miseria. Tutto dunque sembra statico, ma è soltanto un’impressione: i personaggi, sebbene con tempi e modi diversi, sapranno trarre beneficio dalla casualità dell’incontro. Mentre sulle prime l’“ospite imprevisto” sembra sul punto di inserirsi negativamente nei fragili equilibri familiari, esercitando un fascino al limite del consapevole narcisismo, alla fine è proprio lui che riesce a scoprire la chiave di volta della ritrovata felicità (o serenità?) coniugale. E’ la chiave che consente il confronto costruttivo nella famiglia che lo ospita: genitori e figli, usciti dal letargo interiore, si apriranno l’un l’altro. Ognuno scoprirà una parte di sé e aiuterà l’interlocutore ad osservare la vita con occhi nuovi. Naturalmente, sul più bello, quando la missione è compiuta, l’“ospite imprevisto” sparisce, misteriosamente come è comparso. Sarà – ancora una volta – il ricordo gelido del suo bimbo morto a portarlo via, a farne un viandante, un ospite in cerca di un rifugio che sia sempre e solo temporaneo; o forse solo un pellegrino dello spirito. Sempre in cammino verso quell’ ”Acropoli”, dove finalmente Significante e Significato coincidono: “…Di là, nell’aria netta, sarebbe stato Amore. Nel giardino degli angeli non sarebbe stato un ospite imprevisto …”. Roberto Cavallo «Il Corriere del Sud», N. 7 – 5 giugno 2008)
Loffarelli Giancarlo –
Loffarelli Giancarlo
Il romanzo L’ospite imprevisto (Giancarlo Zedde. Torino 2007. pp. 168 € 15,00) di Francesco Rodolfo Russo è un’opera all’apparenza dalla struttura semplice ma articolata e complessa se si riesce a leggere oltre questa apparenza. La storia raccontata da Russo prende le mosse da due erronee interpretazioni che, come due negazioni, alfine si annullano a vicenda. Un uomo, che si presenta come un pellegrino,viene ospitato da una famiglia che vive in una cascina semisolata dalla neve. Dopo i primi momenti in cui l’ospite è accolto dai vari membri della famiglia, una famiglia in seria difficoltà per i rapporti rancorosi fra i suoi componenti. l’equivoco si chiarisce: l’ospite non è un pellegrino ma Pellegrino è il suo cognome, mentre nel finale un colpo di scena restituirà all’uomo la sua vera natura di pellegrino. Basterebbe questo riferimento, fra tanti altri, al tema del viaggio per collocare il romanzo in una prospettiva molto particolare. Esso, infatti, a fronte di tanti rimandi al viaggiare e al mettersi alla ricerca di una meta da raggiungere, è un romanzo estremamente “statico”, tutto ambientato in uno spazio molto ristretto perché, come l’autore dice espressamente nell’esergo, citando Voltaire,‘il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”. Questa citazione permette di cogliere un elemento essenziale della struttura del romanzo. Per quanto esso sia, a tutti gli effetti, un’opera di narrativa, il suo impianto teatrale è evidente. Non soltanto nell’ambientazione, eminentemente teatrale: se lo si dovesse rappresentare, il romanzo necessiterebbe di un unico impianto scenografico per quanto esso è concentrato da un punto di vista spaziale. Il romanzo è profondamente debitore del linguaggio teatrale perché ricco di dialoghi diretti cui manca soltanto la precisazione del nome dei personaggi che conversano, come avviene nella scrittura teatrale, per presentarsi (volendo utilizzare un’iperbole) come un vero e proprio copione. Questa scelta dell’autore non è arbitraria o frutto di un vezzo. Essa coglie la forma più adatta a esprimere un contenuto che, in estrema sintesi, è concentrato nella citazione voltairiana, Se, infatti, egli avesse voluto intendere il tema del viaggio (e tutte le tematiche collaterali di cui il romanzo è ricchissimo) come è accaduto spesso nella storia della letteratura attraverso Bildungsromane che fanno del viaggio in senso fisico la loro ambientazione, la forma narrativa più classica sarebbe stata la più adatta a quel tipo di scrittura che necessita di spostamento continuo di ambiente e di racconto del viaggio. Nel momento in cui, invece, l’autore vuole narrare di un viaggio che non fa dello spostamento fisico il suo specifico, la forma “teatrale” appare come la più adatta a esprimere un movimento che non intende essere esteriore ma vissuto tutto nell’interiorità. Connesso al tema del viaggio e del pellegrino, fin dal titolo, il romanzo di Francesco Rodolfo Russo affronta il tema dell’ospitalità, che non è tema giustapposto al primo ma a esso intimamente connesso, se si considera la vicinanza etimologica dell’ospite con il pellegrino (secondo autorevoli interpretazioni, il significato originario di ospite è in hostis, vale a dire nello straniero che è pure pellegrino e può essere anche nemico). Non è, dunque, un caso che Giacomo, il protagonista del romanzo, sia accolto dalla famiglia che lo ospita con un atteggiamento che oscilla facilmente, anche in relazione a impercettibili mutamenti d’umore, dal rap- portarsi a un ospite al rapportarsi a un pellegrino e a un nemico. È da attribuire all’abilità dell’autore la capacità di mantenere irrisolta fino all’ultimo questa ambiguità, per cui anche quando una delle precedenti interpretazioni della figura di Giacomo sembra avere la meglio sulle altre, un improvviso scatto narrativo sposta l’attenzione su un’altra delle possibili interpretazioni, per giungere a un finale apertissimo che dà una collocazione definitiva a questa impostazione. Giancarlo Loffarelli, Corriere Avis, n. 3, maggio-giugno 2008
De Candia Susanna Maria –
De Candia Susanna Maria
L’immagine, in copertina, di un bimbo biondo di pochi anni e il titolo «L’ospite imprevisto», indirizzano il potenziale lettore verso una certa idea della storia che si accinge a scoprire. Ebbene, niente (o quasi) di ciò che ci si aspetterebbe. All’autore Francesco Rodolfo, leccese di natali ma torinese d’adozione, organizzatore e animatore culturale, presidente di giuria di svariati concorsi negli anni passati e oggi direttore editoriale della casa editrice Giancarlo Zedde, sono sufficienti tre elementi: un personaggio misterioso, una famiglia ospitale e… un finale da interpretare. L’ospite imprevisto è un uomo sulla quarantina che si definisce “pellegrino” (di nome e di fatto). Un giorno, s’imbatte in una ragazza (Ida) che, prima ha problemi con la mountain bike impantanata nella neve, poi col suo ex ragazzo. L’uomo, scambiato per un vagabondo, va in suo soccorso e si lascia convincere ad essere ospitato per una notte dalla sua famiglia. Vi trascorre invece alcuni giorni, durante i quali ha modo di osservarne i componenti, ognuno con una propria storia e dei segreti. Ci sono Augusto, padre di famiglia, ex medico che ha deciso di dedicarsi alla produzione di latte e costretto su una sedia a rotelle in seguito ad un incidente; Barbara, la moglie fedele ma insoddisfatta delle pieghe che la sua vita ha preso, divoratrice di libri e grande sognatrice; Ida, vispa studentessa di veterinaria; Federico, il fratello gemello un po’ introverso; Roberto, secondo fratello, spiritoso in ogni occasione e la piccola Carola. Il pellegrino Giacomo, entra in contatto con il microcosmo di ciascuno e attraverso favole “che non sa raccontare”, affermazioni che hanno il sapore di storie vissute e velate allusioni ironiche riesce a ricomporre l’armonia che da troppo mancava in quella casa. La mattina di Natale, dopo la cerimonia di apertura dei regali, il pellegrino scompare. Ma lascia una lettera, una lettera affidata alla più piccola, alla quale è diretta ancora una di quelle favole un po’ strane. Poi l’immagine di quest’ospite imprevisto nel piccolo schermo della tv e tutto l’equilibrio si frantuma nuovamente. Chi sarà quest’uomo e quale la sua vera meta? Il romanzo si presta ad una lettura scorrevole e accattivante, in cui si avvertono presenze evanescenti, ricordi a metà tra l’onirico e il reale e reminiscenze letterarie di ascendenza pirandelliana. Il percorso che Giacomo decide di intraprendere è concreto quanto spirituale; è un percorso che porta alla scoperta di sé, inducendo il lettore alla meditazione. Susanna Maria de Candia – «L’Altra Molfetta» Anno XXV – n° 9 – settembre 2009