Descrizione
“Ad Antoniazzi non si può negare il genio!
Mi ha raccontato la Socci che stamattina l’ha incrociato verso le nove e un quarto (lei entrava alla seconda ora) che se ne stava andando, insieme a Borini.
Ha capito subito che oggi avevano deciso di non entrare a scuola, per cui, incrociandoli, li ha fermati:
– Ragazzi, la scuola?!
– Sempre dritto, professore’!, ha risposto prontamente Antoniazzi.
E se n’è andato senza battere ciglio, seguito da Borini.
Luisa non ha trovato il tempo per realizzare e rispondergli ed è venuta a scuola più sconfortata del solito.”
Giancarlo Loffarelli insegna storia e filosofia nella scuola superiore ed è drammaturgo e regista teatrale. I suoi testi teatrali sono stati rappresentati in Italia da diverse Compagnie, tradotti all’estero e pubblicati. Ha vinto diversi premi di drammaturgia, fra cui il Premio “Vallecorsi” di Pistoia (2000), il “Fondi-La Pastora” (2002), il Premio nazionale di drammaturgia “Calcante” (2011) e il Festival nazionale d’arte drammatica di Pesaro (2013). Collabora con la “Sapienza-Università di Roma”. Presso la casa editrice Giancarlo Zedde ha pubblicato Lo scrigno (2005) e il romanzo corale Il colpevole è Maigret (2008).
Franco Abbenda –
Il libro è soprattutto vita vera, l’occasione per raccontare di ragazzi e ragazze, dei loro sogni e delle loro aspettative giovanili, dal punto di vista di un docente sognatore non omologato. L’universale dal particolare, il segreto dei veri scrittori: privilegio di pochi saper passare dalla propria esperienza personale, attraverso godibilissime pagine che a volte sanno di poesia, fino a riflessioni generali sul senso della scuola e sui sogni giovanili da inseguire a ogni costo, partorito direttamente dalla mente di un prof. ostinato e contrario. L’epilogo aggiunge dettagli inaspettati ma rivelatori di tracce seminate sapientemente qua e là nel racconto, riservando a un muto e freddo documento amministrativo una potenza espressiva che mi piace interpretare ispirato ai diamanti e al letame del sempre caro De André.
Roberta Lanzone –
Collega, sì collega seppur io della scuola media ed ormai in pensione da un anno. Ho terminato ieri : "C’è del muschio in terza A". Assolutamente delizioso! Ho rivissuto tutto il mio percorso scolastico, dall’immissione in ruolo alla separazione dai nostri ragazzi al termine del loro percorso scolastico. Ti ringrazio di avermi comunicato allegria, tenerezza, comprensione, gentilezza, amore.
Sono talmente entrata nel tuo mondo che vorrei aver notizie di Debora Rosetti, della sua bambina; della triade Antoniazzi, Borini, Carpesi e della collega giovane e di quella con la busta segreta perché tutti, assolutamente tutti sono uguali a quelli che io ho amato, qualunque nome reale abbiano. Con affetto Roberta Lanzone.
Franco Abbenda –
Se dovessi darvi un consiglio per il vostro futuro allora vi direi: leggetevi ‘sto libro”.
Parafrasando un noto incipit di Vonnegutt Jr., dichiaro che il libro mi è piaciuto un bel po’.
Premessa importante: sono di parte, lo ammetto. Conosco l’autore da molti anni, siamo amici, abitiamo ancora nel paese in cui siamo nati e condividiamo alcune passioni.
Di scuola e di vita. Di scuola, perché lo scenario di chi scrive questo diario di un anno scolastico è un professore, un maturo insegnante della scuola pubblica di oggi, alle prese con le mille novità organizzative e gestionali che hanno profondamente segnato il mondo scolastico. Ma il libro è soprattutto vita vera, l’occasione per raccontare di ragazzi e ragazze, dei loro sogni e delle loro aspettative giovanili, dal punto di vista di un docente sognatore non omologato. Ed è un linguaggio diretto ed evocativo quello che accompagna il lettore in un percorso che si fa viaggio a ritroso nella memoria personale (e ci piace riandare a quell’età passata…), agli anni passati tra i banchi, ben sapendo che quella leggera felicità ha rappresentato un unicum nella vita di tutti.
Ma c’è di più. C’è tanta bellezza nella quotidianità delle lezioni scolastiche: la piccola bellezza delle storie di ordinaria normalità di un liceo di provincia e quella con la B maiuscola da studiare sui libri di testo; quella dei grandi della letteratura, dei classici del cinema o dei capolavori dell’arte, spiegata in classe con consumata maestria e poi fatta rivivere de visu durante la gita scolastica berlinese della III Liceo Classico, tra esperienze civiche uniche e goliardate da tramandare ai posteri.
Di filosofia e di calcio amatoriale, perché se un prof. sa raccontare con la stessa leggera profondità, di come scegliere gli scarpini per l’hobby di sempre (e come allacciarli al meglio prima della gara) e dell’ermeneutica di Hegel, se riesce a rapire la classe parlando di vecchi film in bianco e nero e a sublimarsi nel rivivere empaticamente l’ansia dei suoi alunni nella notte prima degli esami, quello è il docente che tutti avremmo voluto e che vorremmo per i nostri figli.
Sostiene Loffarelli che l’anonimo professore, voce narrante del romanzo, non è tout court l’autore del testo, l’insegnante innamorato della sua professione orgoglioso di lavorare ancora oggi nel Liceo Classico in cui ha studiato. Forse è solo la proiezione dell’insegnante che vorrebbe essere, non un’autobiografia quindi. Ma se anche fosse solo l’opera visionaria di un docente in servizio permanente da 30 anni, il giudizio sull’opera non cambierebbe e il gusto della lettura non ne risentirebbe affatto.
L’universale dal particolare, il segreto dei veri scrittori: privilegio di pochi saper passare dalla propria esperienza personale, attraverso godibilissime pagine che a volte sanno di poesia, fino a riflessioni generali sul senso della scuola e sui sogni giovanili da inseguire a ogni costo, partorito direttamente dalla mente di un prof. ostinato e contrario… fino all’illacrimata sepoltura.
L’epilogo aggiunge dettagli inaspettati ma rivelatori di tracce seminate sapientemente qua e là nel racconto, riservando a un muto e freddo documento amministrativo una potenza espressiva che mi piace interpretare ispirato ai diamanti e al letame del sempre caro De André.
Il tutto con stile ricercato (ah, che disgrazia le questioni di stile…) e da autore navigato.
E di questi tempi non mi sembra poco.
27 maggio 2014
Hannelore Seva –
Hallo Giancarlo,
Ho finito di leggere il tuo libro"C’è del muschio in terza A". Ho approfittato di questa giornata piovosa per terminare la lettura. Posso esprimermi come i nostri alunni??? "E’ una figata". Mi sono ritrovata in tantissime riflessioni e ho riso a crepapelle per le situazioni che descrivi così bene della scuola italiana. L’interpretazione della circolare N.11 del 20 settembre è bellissima. Ho interrotto lo studio di mio figlio (sta preparando l’esame di fisica all’università) und ich habe es ihm vorgelesen. Scusa, mi piace più il verbo tedesco. Spesso chi è fuori non può comprendere cosa succede nella scuola. Tutte le regole inutili che dobbiamo seguire. Le riflessioni del 29 novembre mi hanno toccato da vicino. Ho provato quest’anno a superare il test preselettivo per entrare ai corsi di sostegno. Il test era formato da 60 domande da espletare entro un’ora o due?? Non ricordo bene. L’unica cosa che ricordo è la sensazione di grande presa in giro. La maggior parte delle domande era formulata come tu hai ben descritto nel tuo libro. Naturalmente non ho passato il test e mi sono sentita molto stupida perché non sono riuscita a ragionare in un tempo così breve e capire chi suonasse il violino e chi il piano. Però mi sono fatta forza e mi sono detta : avanti! Naturalmente ho avuto anche quest’anno l’incarico di docente di tedesco a tempo determinato al Liceo Manzoni. Sono stata Commissario interno agli esami di Stato. Ho fatto, come sempre, la segretaria. Al Presidente interessava solo che le carte fossero a posto. La tua descrizione nel libro degli esami è stata così precisa. Rifletteva tutto il mio pensiero e cioè che tutto è una grande presa per culo. Ops, perdonami il francesismo.
Molto bello il racconto del viaggio d’istruzione a Berlino. Anche io ho accompagnato più volte le quinte a Berlino e con passione ho sempre preparato i ragazzi a questa esperienza. È bello vedere come i ragazzi si sentano coinvolti in questa esperienza. Ciò ti ripaga di tanti sacrifici. Io sono riuscita anche a portarli a Bernauerstrasse dove c’è il memoriale del muro e abbiamo visitato anche la Topografia del Terrore. Naturalmente tappa obbligatoria il Berliner Ensemble. Brecht fa parte sempre del mio programma.
Non voglio essere troppo lunga, mio marito e mio figlio già si chiedono che fine abbia fatto il pranzo domenicale. Ma credo che le impressioni a caldo siano le migliori.
Una mia cara amica, Annarose Gschwändler, anche lei di Sezze mi ha regalato il tuo libro. Non sapeva che ti conoscessi. E leggere il libro conoscedo l’autore è qualcosa di diverso. Non so come spiegare. Sarebbe bello poter insegnare insieme nelle stessi classi. Certo questo dipenderebbe sempre dal essere o no riconfermata anche per il prossimo anno scolastico.
Mi ha fatto piacere leggere della tua passione per la lingua e la cultua tedesca. Non è diminuita.
Sehr schön! Leggere il libro mi ha fatto venire voglia di rileggere un po di filosofia. Non l’ho mai studiata a dovere. Non riuscivo a capire il senso. Ho sempre evitato nelle mie spiegazioni di letteratura tedesca riferimenti a filosofi. Però devo recuperare.
In der Zwischenzeit wünsche ich dir einen schönen Sonntag und gute Ferien
Grazia –
Carissimo Giancarlo,
ho spesso pensato e forse meglio ‘avvertito’ che alcuni libri mi arrivino tra le mani, a volte, non a caso!
L’ ho pensato subito per il tuo ‘C’ è del muschio in terza A’ entrato in casa mia nei giorni precedenti la prima bocciatura al secondo anno di scuola superiore di mio figlio Federico. (minuscole intenzionali)
In un qualche modo quel titolo mi dava ‘conforto’, forse potevo sollevarmi da quel macigno di sensi di colpa che accompagnano gli interrogativi difficili di una mamma troppe volte ‘sola’ nel compito difficilissimo di ‘accompagnare’ un figlio verso la crescita, verso un’ evoluzione, verso la sua evoluzione migliore.
Così ho iniziato a leggerlo oltre che per la curiosità e l’affetto , anche per cercare qualcosa da comprendere, come madre e cittadina ho condiviso gli interrogativi, ho riso sulle pratiche medioeval-burocratiche, ho sorriso sui volti dei colleghi e le atmosfere che hai saputo ben disegnare!
Altro ho fatto nel mentre leggevo del Professore e della sua classe di ragazzi, che in questo momento fresco di memoria mi appaiono tutti in un insieme direi ‘cinematografico’.
Questo ‘strano’ Professore ermeneuta…alle prese con una studentessa che ‘sodomizza’ le cose!
Il diario col passare dei giorni, ha definito l’intero scenario ed i soggetti con uno stile ‘preciso e composto ’ ’invisibile’ , rilasciando a poco a poco i loro caratteri, come gocce distillate di essenze che infine definiscono l’intero profumo .
Ho RI-trovato quel passaggio sul Qoelet che amo da sempre( C’è un tempo per ogni cosa).
Forse, aiutata dalla mia recente visita a Sezze e dintorni, ho potuto immaginare meglio il cancello della scuola, i muri, le strade, i campi di calcetto…ma credo di aver prodotto con la mente una specie di Sezze- Bassiano sermonetana.
Ho fissato nella testa alcuni spunti di riflessione che andrebbero davvero indagati, uno in particolare : l’annullamento della totalità della persona (studente) e il rischio di una scuola sostituibile da un mega-programma web!
L’inutilità/rischio della Scuola Media, il compito Educativo della Scuola, l’importanza della Relazione Significativa con l’adulto…la direzione dell’Esistenza tra necessità e passione. Una scuola che non considera Arti il cinema, il teatro e la musica!!!
Infine lo spazio ‘trasparente’ che ormai non separa più la nostra intimità dalla collettività che incontriamo sui social-network.
E tanto altro ancora!
Questa però, Giancarlo è la mia ragione.
L’emozione mi si è scatenata nelle pagine della ‘gita Berlinese’ per differenti ragioni : la prima, la più banale è che non mi ero ancora risposta con precisione alla domanda di cosa poter vedere a Berlino.
Non ho mai amato la Germania, né ho mai pensato di tornarci. Ma Berlino mi affascina da sempre.
Credo di essere venuta con voi a Berlino! Fin dalle prime difficili ore in aeroporto!!!
La seconda ragione credo sia dovuta allo stile narrativo e alla storia, che abitua il lettore allo spazio statico ‘dell’Istituzione’ che finalmente trova respiro, libertà e grande bellezza tutta concentrata nel viaggio d’istruzione!
Ho amato tutti i luoghi, i grigi, i musei, i suoni, le birre, i quadri e quel ciuffetto d’erba rubato allo stadio.
Il libro non è più stato un libro. Quando è così, esso diventa qualcosa che si anima e che stringi tra le mani come non sia solo carta scritta.
Ed è iniziata la lenta e triste separazione.
Ho pianto sulla ‘notte del professore prima degli esami’, su quei pensieri rassicuranti e protettivi, di un padre che bacia la fronte ai figli.
Ho sperato, fortemente sperato, che sulla strada di mio figlio possa esserci un uomo come te!
Non so nemmeno se ho la forza di gridare che la scuola non assomiglia a questa roba qui che c’è adesso, mercato di vacche mi è parso un complimento.
Ho seguito con fierezza l’esito dell’intera classe (Federico compreso) e ripreso a ridere sui riti di carta e cera lacca! Che vecchiume…
Io sono stata fortunata nella vita ad avere incontrato insegnanti, persone, libri, film, dischi, quadri, storie, vite, esperienze che mi hanno tenuta in una costante tensione verso la vita, che mi sembra fin poca per tutto quel che vorrei ancora vedere, conoscere, fare. Nella mia vita ho incontrato anche un ‘maestro’ o uno stregone non so…che è riuscito a mettermi su di un palcoscenico a parlare dinnanzi a trecento persone…senza (quasi) tremare, del quale conservo sempre un prezioso ricordo.
Magari fosse stato al posto di quella schifezza di professore di Filosofia che ho incontrato a Bologna…!
Grazie dei bei giorni di compagnia, il muschio crescerà in Terza A…ma non nella tua bella mente e nel tuo saggio cuore.
Un abbraccio
Grazia