Ognuno crea il proprio inferno

14.00 

Una sola domanda si affacciava nei loro pensieri: «Quante vite hai?». Una sola!
Avevano eternamente rinviato il momento giusto per viverla, ma mai rinunciato. C’era una enorme sottile differenza.
Avevano trascorso decenni senza la minima traccia di trasformazione evitando come un tabù ogni forma di sincerità, in una forma di coerenza utile soltanto a proteggere le proprie abitudini, permettendo a queste ultime di generare una forma di inedia emotiva, e condannando le persone amate a essere come ci si aspettava che fossero. Non sono forse le persone più intime le prime vittime dell’egoismo di un individuo?
Tutto ciò aveva reso la loro vita un inferno, ma era il loro inferno.
Ora però volevano una vita, finalmente, e la volevano subito.
Dopo avere visto tutte le loro aspirazioni dissolversi nell’attesa di essere realizzate, si rendevano conto che non avevano più tempo, l’elemento più prezioso dell’esistenza.
Ora, che in un vago cenno di disidentificazione, potevano perdere pezzi di personalità senza sentirsi menomati, ora che non dovevano coerenza, volevano tempo per goderselo senza limiti e senza riguardi, per coltivare la loro umanità, non certamente per il buon senso.
Dio, era come guardarsi per la prima volta! Dov’erano stati e cosa avevano fatto prima di allora?
In tutto ciò la lontananza sembrava una condizione indispensabile, poggiare i piedi in altri mondi casualmente collocati su questa terra, dopo averli mille volte calpestati nel sogno.
Laggiù, nelle terre dell’India e dell’Indocina, i loro sensi erano inebriati e appagati, e non c’era sufficiente spazio nei loro occhi per tutte le immagini che li stavano penetrando.

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Descrizione

Ancora una volta si ritrovarono circondati dai clacson invadenti e ininterrotti dell’India.
Se c’era un posto peggiore del­l’ashram quello era senza dubbio il mondo esterno. Se c’era un posto peggiore dell’ashram quello era l’India.
Un mondo così contorto e insensato, agli occhi dei non indiani, da sconvolgere ogni attesa, tanto provocatorio da turbare quelle menti sprezzanti presuntuosamente ancorate ad un solo mondo possibile, il loro.
Moreno l’aveva amata e ancor più, molto di più, ne aveva amato il ricordo, ma come una storia d’amore era finita, forse l’India era mutata, o forse lui dei tempi andati non aveva conservato neppure una sola cellula.
Come Moreno anche l’India era in via di estinzione, ma era ancora viva, rivoltante o meravigliosa, proliferante di comportamenti insensati, quasi quanto i nostri, densa di un fascino talmente ricolmo di follia da indurre a dubitare che potesse essere reale.

L’autore

Edgardo Mantovani, 1955, torinese, in viaggio dal tempo dell’adolescenza senza più riuscire a smettere, sempre con la fantasia un passo oltre le possibilità e il coraggio.
Inoltrarsi alla ricerca di avventura lungo le strade battute che conducevano in Oriente, o sulle torride piste sahariane, ha aperto varchi interiori che solo ora, a distanza di decenni, si avviano a essere compresi e accolti, e una sintesi tra necessaria coerenza e ambìta incoerenza, sembra potersi fare strada.
Fermarsi non è contemplato, il corpo e/o la mente devono continuare il viaggio, ma l’avventura ora è ridere.

Informazioni aggiuntive

Peso 0.9 kg
Dimensioni 15 × 21 × 1.2 cm
Autore

Edgardo Mantovani

ISBN

9788899778262

Pagine

184

Formato

15 x 21

Anno

2022

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