Costruire nell’azzurro. Poesie

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Le due poesie contenute in questo libro, 14 agosto e Vele di luce, dedicate alle vittime del Ponte Morandi, sono state messe in musica da Giuliana Spalletti e Giancarlo Zedde. Il testo poetico A disoriente è stato musicato da Marco Sinopoli.

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Descrizione

Prologo
Aveva ragione Zanzotto, quando diceva che una poesia torna sempre al mittente: un ritaglio di anima spedito a se stessi. Non un esercizio solipsistico: la chiusura, l’impermeabilità sono ciò che di più contrario alla poesia si possa concepire. Ma un soliloquio sì: un dialogo fluente di agostiniana introspezione, anche una monade senza porte e senza finestre, in cui tuttavia la vastità del mondo si compendia nella densità di un microcosmo.
La metafora postale del poeta di Soligo, umile e dotta, può servire a tracciare il senso funzionale della poesia: una lettera a busta aperta o magari una cartolina che, nello spazio di tempo prima della consegna, può essere letta da chiunque. E allora occorre sempre un piccolo segno cifrato, per comunicare in suggello al destinatario qualcosa di ulteriore, di riservato o segreto, essenzialmente indicibile.
Forse per questo il linguaggio poetico è il meno diretto, il più implicito dei linguaggi artistici. Senza dover essere strettamente ermetico, è comunque muschiato di ermetismo; anche quando pare distendersi ingenuo e sentimentale su pianori di semplicità, un mistero lo sottende e lo vivifica. È il mistero dell’inesprimibile, l’intuizione che ogni cosa sta qui ed ora, ma è sempre in un altrove, un ticchettio remoto, uno scatto inavvertibile di lancette. Allora bisogna farsi – mittente o ricevente non importa – navigatori d’alto mare, viaggiatori nel trascendente, consapevoli che altezza e profondità si collocano sullo stesso meridiano simbolico.
Sembrano rare, queste qualità della poesia, ma in realtà non lo sono: spesso non emergono, perché sbagliato è l’atteggiamento con cui ci si pone di fronte ad esse, distratto e superficiale. Si invoca allora, quando il mittente è troppo ambizioso di un destinatario, un travaso di parole comuni, di un vino novello immediatamente apprezzabile, la cui genuinità precipita spesso in un banale «bere per bere», deprivato di proprietà organolettiche.
Eppure qualcuno ha già detto quel che occorreva dire con semplicissima ontologia:
La vera poesia… è quella che dice assai più di quello che dice; tutto quello che dice non comprende quello che veramente dice. Essa è una continua allusione al suo al di là… una inconoscibile ed inesprimibile diversità da sé…
Può essere che Andrea Emo, nel suo vivere e filosofare nascosto, abbia voluto intendere che bisogna volere: voler vedere, voler sentire, fermarsi e permettere che quello che si percepisce con i sensi abbia un attimo di tempo per avvicinarsi, senza averne gli occhi feriti, a quel chiaro bagliore… onnipresenza della luce, come scriveva Edith Stein, dove abita il sentimento. E lasciare che venga fuori e si articoli in una grammatica di emozioni, capace di ridestare parole addormentate nei folti boschi dei dizionari.
Quel più di è la generosità di un’arte, il cui diapason è fatto di silenzio e che germina solo dopo che l’anima gli si è accordata. La scansione sillabica, il gemmare di rime, il risuono di un pensiero, l’elevarsi di una melopea sono le epifanie elementari di quella lettera in fin dei conti scritta per sé, inviata a se stessi, ma che ad altri dà modo di essere letta. In una compresenza che significa non essere proprietà di nessuno: perché anche se l’uso indiscreto è sempre possibile, l’autenticità non si può trafugare.

L’autore

Laureato in filosofia, Giacomo Bottino è progettista e organizzatore culturale. Studioso e ricercatore di storia delle idee, dei fenomeni politici e dei movimenti artistici, è autore di drammaturgie, traduzioni per il teatro e testi saggistici.

Informazioni aggiuntive

Peso 0.15 kg
Dimensioni 15 × 21 × 1.2 cm
Autore

Giacomo Bottino

ISBN

9788899778286

Pagine

64

Formato

15 x 21

Anno

2022

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